Le Forze Armate, negli ultimi 30 anni, sono state oggetto di molteplici trasformazioni che hanno, tra l’altro, riguardato il complessivo modello organizzativo della Difesa, l’ordinamento degli Enti con migliaia di soppressioni e riconfigurazioni, la riduzione delle consistenze organiche, le modifiche alle carriere del personale militare. Un insieme particolarmente corposo di provvedimenti di legge, attuati in continua successione che non hanno termini di confronto, per entità e portata, con quanto registratosi in analoghi processi di razionalizzazione e modernizzazione riferiti ad altre Pubbliche Amministrazioni o in altre Organizzazioni militari di Paesi con cui normalmente ci confrontiamo.
Tali continui cambiamenti e modifiche o sovrapposizione di diverse normative hanno, inevitabilmente e conseguentemente, avuto sensibili ripercussioni sui molteplici temi di interesse del personale militare. Tra essi, certamente sugli iter di carriera, di formazione ed impiego, i quali, essendo normalmente concepiti e progettati per avere un coerente sviluppo nell’arco temporale di ca. 40 anni, finiscono, proprio in conseguenza dei continui e repentini cambiamenti, per subire “distorsioni” e per risultare fortemente stravolti e penalizzanti.
È sicuramente emblematica la particolare condizione in cui si trova il ruolo marescialli. In tale ruolo “non direttivo” ma in parte, reso nella scorsa legislatura, anche “direttivo” per i gradi apicali, pur senza prevedere le necessarie “indennità economico – funzionali” è confluito nel tempo personale con diversi titoli di studio, diversi percorsi di formazione e impiego con momenti di formazione iniziale di varia durata (3 anni o 3 – 6 mesi) non sempre finalizzati al conseguimento del titolo di Laurea, età di accesso in progressivo aumento sino agli attuali 52 anni.
L’attuale condizione di “caos” normativo è peraltro foriera di una continua crescita del contenzioso e di marchiane sviste. Basti pensare che nell’attualità, il legislatore si è persino “dimenticato” di applicare il principio di equiordinazione, non allineando le modalità di avanzamento dei marescialli capi e gradi corrispondenti di Esercito, Marina e Aeronautica a quanto stabilito dall’articolo 2252 del C.O.M. (d.lgs. 66/2010) e ritardando così, con conseguenti riflessi di carriera nonché ripercussioni sul trattamento economico e pensionistico, la relativa promozione fino a un massimo di 2 anni dei soli sottufficiali appartenenti, appunto, alle suddette Forze Armate.
A fronte di tale situazione complessiva, è emblematico quello che è, a nostro avviso, il completo svilimento del c.d. “Nuovo Iter” dei marescialli, definito “Nuovo” ma concepito oramai oltre 25 anni fa nell’ottica di garantire, nel rispetto del principio dell’equiordinazione dei ruoli tra Forze Armate e Forze di Polizia, la formazione di figure professionali confrontabili in termini di compiti, funzioni, responsabilità. Anche tale prospettiva risulta oggi sostanzialmente disattesa laddove per i suddetti marescialli continuano a prevedersi le penalizzazioni, le restrizioni di impiego, i maggiori oneri e responsabilità, taluni maggiori disagi connessi anche ad una maggiore mobilità senza che, al contempo, vengano assicurate le prospettive di impiego e di crescita professionale che erano state loro inizialmente prefigurate.
Anche i concorsi per il transito nel ruolo speciale (r.s.) degli Ufficiali da parte del personale non direttivo / direttivo hanno anch’essi visto cambiare progressivamente le procedure e le età di accesso, passate, con aggiustamenti successivi, dai 33 anni iniziali, agli attuali 52 anni. Si tratta oramai di un concorso strumentale che ha la principale finalità di alleggerire i ruoli inferiori e non quello di una idonea valorizzazione delle competenze e di effettiva opportunità di crescita professionale dei concorrenti. Basti pensare che diversi sottufficiali preferiscono non partecipare al concorso, mentre alcuni vincitori hanno persino rinunciato ad assumere il nuovo grado di Ufficiale, considerato che il transito nel ruolo degli Ufficiali determina, addirittura, nelle fasi iniziali, un aberrante declassamento stipendiale (e in prospettiva una penalizzazione pensionistica), una sostanziale invarianza di incarichi rispetto a quelli già svolti nel grado inferiore e nessuna significativa crescita in termini di progressione di carriera soprattutto per coloro che accedono al ruolo degli Ufficiali in età già avanzata.
Nel merito sono state rappresentate alle SA alcune proposte di miglioramento segnatamente allo specifico iter dei marescialli dell’EI che peraltro come tanti altri militari di ogni ordine e grado sono sottoposti ad una alta mobilità anche a fronte di una legge 86/2001 che compensa, solo parzialmente i costi di trasferimento per un solo triennio e che richiederebbe un urgente adeguamento ed estensione in termini di durata per tutti i militari di ogni ordine e grado assoggettati ad alta mobilità.
Le problematiche delineate richiederebbero un urgente confronto con tutti gli aventi causa e a nostro avviso un nuovo, urgente riordino, avendo magari a riferimento, per quanto attiene al ruolo dei marescialli, lo schema seguito per la Categoria degli Ufficiali, all’interno della quale coesistono 2 ruoli distinti in funzione dei differenti profili di reclutamento, formazione, professionali, di impiego, di carriera.
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Roma, 24 maggio 2022
IL SEGRETARIO GENERALE
Leonardo NITTI