Il contenzioso che ha riguardato l’applicazione dell’Art. 54 del d.P.R. 1092 / 1973 ha recentemente indotto la Corte dei Conti ad assumere, a Sezioni riunite, una decisione articolata e complessa, pronunciata con la sentenza n. 1 del 2021. In particolare, per i militari assoggettati al sistema di calcolo pensionistico “misto” (retributivo per gli anni di servizio utili maturati sino al 31.12.1995 e contributivo per gli anni di servizio maturati dal 1.1.1996 sino alla cessazione) la magistratura contabile si è trovata costretta a fornire la corretta interpretazione delle diverse normative pensionistiche vigenti (d.P.R. 1092 / 1973 e L. n. 335/95) le quali, ” nel totale silenzio del legislatore” – così si legge ripetutamente nel dispositivo della sentenza -, risultano nella loro applicazione alla fattispecie in esame, disarmoniche e contraddittorie e tali, dunque, da ingenerare confusione ed effetti penalizzanti.
Con la sentenza n. 1/2021 la magistratura contabile restringe il campo di applicazione dell’Art. 54 del d.P.R. 1092 / 1973, stabilendo che i 20 anni di servizio richiamati da tale norma non hanno più alcun significato a fronte delle modifiche introdotte dalla successiva riforma Dini del 1995 (L. n. 335). Conseguentemente, l’aliquota di rendimento del 44% da rapportare alla base pensionabile, ai fini della determinazione della parte di pensione calcolata con sistema retributivo, potrà essere assunta a calcolo, nella misura del 2,445% per ogni anno di servizio utile, per quei militari che, usufruendo del calcolo “misto”, alla data del 31.12.1995 avevano maturato un totale di anni di servizio compresi tra i 15 e i 18 meno 1 giorno (2,445% *18 anni di servizio meno 1 giorno (=17,997) = 44% – aliquota massima applicabile).
A titolo puramente indicativo, il vantaggio economico di coloro che potranno usufruire della nuova aliquota del 2,445% per anno utile, potrebbe ammontare sino a ca. 80 euro netti mensili, nei casi più favorevoli. La difficile decisione dalla magistratura contabile suscita, tuttavia, vivo rammarico dovendosi constatare che tale pronunciamento, assunto nel più “totale silenzio del legislatore”, aggiunge un ulteriore spartiacque tra coloro che al 31.12.1995 avevano maturato 15 anni di servizio (meno 1 giorno – in tal caso l’aliquota di rendimento da considerare è del 2,33% per ogni anno utile), rispetto a coloro che avevano maturato una anzianità tra i 15 e 18 anni di servizio e coloro ancora che, sempre alla fatidica data del 31.12.95, avevano raggiunto o superato i 18 anni di servizio utili (condizione necessaria per poter usufruire del sistema di calcolo “retributivo” sino al 31.12.2011 e contributivo negli anni a seguire – L. 214/2011- riforma “Fornero”). Il contenzioso appena concluso ha richiesto, ancora una volta alla Magistratura di colmare il “gap” legislativo, sono state altresì necessarie centinaia di pagine di memorie difensive, varie sentenze, il coinvolgimento di risorse professionali e intellettuali chiamate ad elaborare raffinate tesi e interpretazioni dottrinali, esborsi economici da parte dei ricorrenti al fine di rivendicare il giusto trattamento pensionistico e la corretta applicazione di un impianto normativo delineato dal d.P.R. 1092 del 1973 che come si afferma nella stessa sentenza aveva, nella fattispecie, “..perso la sua armonica interiore coerenza, per effetto del sopravvenuto, e profondamente diverso, sistema introdotto dalla legge n. 335 del 1995”. Come avemmo già modo di evidenziare nel nostro intervento del 24 giugno scorso, insieme all’esigenza di armonizzazione di alcune norme, sussiste altresì l’urgente necessità di assicurare, comunque, un trattamento pensionistico dignitoso soprattutto a coloro che tra qualche anno, a seguito della progressiva riduzione della quota retributiva, percepiranno assegni pensionistici basati su sistemi di calcolo interamente contributivi e senza che sia stato neppure attivato il c.d. secondo pilastro (fondi “negoziali” o “chiusi” e cioè delimitati ad un particolare ambito di lavoratori), previsto sin dal 1995 dalla L. n. 335 e che avrebbe dovuto integrare la componente di pensione erogata dall’organismo di previdenza pubblica obbligatoria (c.d. primo pilastro). In tale quadro, diverse sarebbero le proposte da recepire tra le quali l’adeguamento dei coefficienti di trasformazione che andrebbero armonizzati ai diversi limiti di età ordinamentali previsti per i militari, la riduzione della tassazione sull’assegno pensionistico, la valorizzazione dei periodi di impiego operativo per gli anni contributivi, l’introduzione di una eventuale quattordicesima mensilità. A conclusione di questa breve disamina, non si può sottacere come a fronte di norme palesemente disorganiche ed incoerenti, foriere di inevitabile contenzioso, risulti particolarmente criticabile l’approccio delle Amministrazioni che preferiscono sistematicamente trincerarsi dietro interpretazioni restrittive e penalizzanti, contrapponendosi ai servitori dello Stato, piuttosto che sollecitare con risolutezza e determinazione tempestivi ed appropriati interventi correttivi da parte del legislatore, “silente”.
Roma, 3 febbraio 2021
LA SEGRETERIA GENERALE